Sulla cima del colle Barbisone, tra i vigneti di Gussago, svetta uno strano edificio: sembrerebbe una piccola fortezza medievale, ma non lo è. Si tratta dell’antico convento domenicano dedicato alla Santissima Trinità, che nell’Ottocento venne rinnovato in stile neogotico e trasformato in lussuosa residenza estiva
Oltre a custodire importanti testimonianze artistiche (prima fra tutte la cappella presbiteriale interamente affrescata da Paolo da Caylina il Giovane), la Santissima visse in prima persona il grande fervore religioso del XVI secolo, dominato dalla lotta contro le eresie e la stregoneria, tale o presunta.
Dai documenti notarili di allora veniamo a sapere che il vicario dell’Inquisitore, il domenicano Lorenzo Maggi, nel 1518 giunse proprio alla Santissima per completare il processo nei confronti di una certa Benvegnuda Pincinella, originaria di Nave, accusata di stregoneria. Dal resoconto degli interrogatori veniamo a sapere che la donna era dedita soprattutto a guarigioni da malattie, fisiche ma anche sentimentali: infatti “ditta Benvegnuda volse insegnar un incantamento a far che un omo ama una dona, over una dona ama uno omo, et che la fece dito incantamento in questo modo: la tolse uno chiodo novo che non fusse stà mai in opera, et sì la poneva nel foco fino a che ‘l diventasse rosso, e poi toleva doi legni de olivo benedetti et li meteva in modo di una croce sopra esso chiodo rosso, et diceva queste parole: io te sconzuro et se te strenzo ti Zoan, ti Antoni et ti Ysepo, che ti debbi sì far affocar el cor, el corpo e la mente e la volontà de la tal persona, che la non possi andar, nè star, nè requiar, nè polsar, nè bever, nè manzar, nè dormir fina che non la fa la mia volontà: et bisognava far questo tre volte in tre giorni a tre diverse persone”. Alla domanda su chi fossero Zoan, Antoni e Ysepo (cioè Giovanni, Antonio e Giuseppe), la presunta strega rispose che si trattava delle anime di tre uomini morti de mala morte, suoi intercessori presso l’Aldilà.
Rea confessa, la donna verrà condotta al patibolo, allora allestito in prossimità della colonna di San Marco, in Piazza della Loggia, pochi giorni dopo il processo.